lunedì 17 novembre 2008

FARMACOGENETICA, ANTIBIOTICOTERAPIA E MEDICINA PREDITTIVA

Negli anni ‘50 del secolo da poco concluso, sono state avviate da Arno Motulsky le ricerche di genetica applicata alla farmacologia e, nel 1959, Friedrich Vogel ha introdotto il termine farmacogenetica.

Dopo la mappatura del genoma umano la farmacogenetica, disciplina che studia la variabilità di risposta, negli individui o a livello di popolazione, ad un farmaco dovuta a fattori genetici ereditari, e la farmacogenomica, che studia l'interazione tra i geni dell'individuo e la reazione del suo organismo ai farmaci, hanno preso un notevole impulso.

E’ così emersa la possibilità di progettare e realizzare dei farmaci mirati su un preciso bersaglio genetico, farmaci altamente specifici e adattati alle caratteristiche genetiche di ciascun paziente, e di determinare quale insieme di trattamenti farmacologici avrà il migliore effetto.

L’approccio farmacogenetico offre pertanto il duplice vantaggio di migliorare l’efficacia del trattamento, con la scelta del farmaco più adatto, e di aumentarne la sicurezza, evitando il rischio di trattamenti terapeutici inappropriati e di reazioni avverse, mentre l’approccio farmacogenomico permette di scegliere il miglior bersaglio possibile per ciascun paziente. Per tale motivo è apparsa evidente anche per l’antibioticoterapia la possibilità di una personalizzazione delle terapie per cui risulta alquanto appropriato lo slogan “il farmaco giusto, al paziente giusto e nella dose giusta” e il concetto del farmaco intelligente, ad azione diretta, fatto a misura di genoma.

L’analisi genetica, eseguita su un comune prelievo di sangue, dovrebbe pertanto essere considerata come un elemento nella scelta dell’antibioticoterapia ogni qual volta esista una correlazione certa tra costituzione genetica e risposta al farmaco.


Questo è il mio assetto genico


A conferma di ciò, individui con differenti isoforme del citocromo P450 (ne possediamo circa 60), prima linea di difesa dell’organismo coinvolte in circa l’80 per cento dei processi di metabolismo ossidativo, metabolizzano, con maggiore o minore rapidità, anche parecchi antibiotici con la conseguenza che il risultato terapeutico può variare da soggetto a soggetto. Alcuni antibiotici macrolidi, alcuni anti-HIV inibitori delle proteasi, gli antimicotici azolici (es. ketoconazolo), tutti noti inibitori del sistema del citocromo P450 3A4, possono dar luogo ad effetti terapeutici più intensi e/o prolungati di quelli attesi (fenomeno che si verifica anche con l’assunzione di pompelmo per l’azione antiossidante dei suoi flavonoidi).

Oggi però viviamo un momento di transizione perché, mentre è auspicabile che quanto prima ciascun paziente possieda un libretto sanitario in cui sia specificato il corredo genico posseduto, in modo che il medico possa prescrivere una terapia antinfettiva su misura, la ricerca nell’antibioticoterapia per vincere le sempre più frequenti resistenze dei germi ha perso lo slancio degli anni 1940-1950 e sono rare le molecole allo studio o in via di sviluppo.

L’ uso non oculato e razionale degli antibiotici e il loro massiccio impiego a scopo profilattico e/o per controllare patologie infettive, un tempo a prognosi infausta, nei trapianti d’organo, nel paziente immuno-compromesso e in ambito rianimatorio, avendo favorito lo sviluppo di germi sempre più difficili da controllare, potrebbe riportarci all’epoca in cui eravamo disarmati soprattutto in ambito ospedaliero, contro molti agenti infettivi.

Vi sono pertanto fondati motivi per ritenere che sia indispensabile proseguire nella ricerca di nuovi antinfettivi mentre la possibilità di creare una carta dei rischi genetici calcolati a partire dall’età neonatale e, ancor prima, dall’epoca del concepimento, rappresenterà una nuova conquista in ambito medico completando l’epocale evoluzione della medicina passata, nel corso dei secoli, da “medicina curativa” a “medicina preventiva” e infine a “medicina predittiva”. Infatti come sosteneva il premio Nobel Jean Dausset, con l’avvento della farmacogenetica e della farmacogenomica e quindi della possibilità di conoscere i vari rischi genetici, viene capovolto il processo diagnostico: in base al calcolo delle probabilità, la diagnosi di malattia verrà sempre più posta prima che il paziente abbia dei sintomi, prima che si ammali, addirittura prima di nascere.

Si realizzerà così un mondo in cui gli uomini, in base alla "costituzione" genetica tramandataci dai nostri avi, conosceranno il proprio futuro e, in alcuni casi dovranno fare scelte del tipo di vita e affrontarla coraggiosamente: il futuro ha il cuore antico.


Vedi anche il sito www.bambinoprogettosalute.it

1 commento:

Farmacogenetica ha detto...

Salve,

concordo con l' opinione espressa, ritenendo come la farmacogenetica e la medicina personalizzata e predittiva possano diventare i campi scientifici di maggiore interesse nell'immmediato futuro. Ho trovato molto interessanti le tematiche affrontate in questo sito: www.diatechfarmacogenetica.it nella sezione news&press vengono raccolti comunicati stampa e pubblicati di notevole interesse scientifico sull'argomento.

Cordiali Saluti,
Diego

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